LISUG

Lisug, Libero Sindacato Ufficiali Giudiziari

Sei in

News

Nasce il registro informatico dei debitori.

09.05.2016
Invia questo articolo via email segnala ad un amico

Nasce il registro informatico dei debitori.

Con la riforma della procedura esecutiva entrata in vigore questa mattina [1], viene istituito unregistro informatico dei debitori, esperienza unica e nuova per il nostro ordinamento.

Sino ad oggi, gli italiani hanno trattato i propridebiti come “panni sporchi da lavare in casa propria”, in totale segretezza. Ciò ha consentito situazioni paradossali di soggetti che, pur versando in una situazione di conclamata insolvenza, hanno tuttavia continuato a contrarre debiti, tentando di nascondere la propria condizione ai creditori. Il che ha fatto sì che la crisi di un individuo si spalmasse anche, a macchia d’olio, su tanti altri che con questi avevano stipulato accordi commerciali. Tra i soggetti più “a rischio” ci sono – secondo il Governo – le stessebanche: la possibilità di concedere finanziamenti e prestiti a clienti nei cui confronti sono in corso pignoramenti o altre procedure di insolvenza mette a repentaglio il sistema del credito.

Il nuovo registro dei debitori ha quindi la funzione di mettere in allerta da soggetti a rischio “morosità”. Ecco di cosa si tratta e come funziona.

Il registro viene conservato e tenuto dal Ministero della giustizia e conterrà tutte le procedure di espropriazione forzata immobiliari, ifallimenti (e le altre procedure di insolvenza assimilate, ossia il concordato preventivo, la liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione straordinaria), le nuove procedure disovraindebitamento (la meglio nota “legge salva suicidi”), i procedimenti di omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti, nonché i piani di risanamento.

Il registro si compone di due sezioni: la prima gratuita, cui potrà accedere chiunque, e una seconda sezione a pagamento e ad accesso limitato (solo in favore di soggetti titolari di un interesse legittimo). Igiudici avranno sempre accesso gratuito. Sarà un decreto ministeriale a stabilire quali informazioni saranno a consultazione pubblica e quali, invece, a consultazione riservata. Lo stesso decreto fisserà i tempi massimi di conservazione delle informazioni.

Sarà sempre possibile, ovviamente, la pubblicazione delle rettifiche dei dati e l’aggiornamento.

Il registro consentirà la ricerca dei dati secondo ciascuna tipologia di informazione (ad esempio, secondo la voce “pignoramenti immobiliari” o in base al “nome” del debitore) e di documento in esso contenuti.

Su richiesta del debitore, del curatore, del commissario giudiziale, di un creditore, di chiunque vi abbia interesse o d’ufficio, il giudice delegato o il tribunale competenti possono limitare la pubblicazione di un documento o di una o più sue parti se vi è uno specifico e meritevole interesse alla riservatezza dell’informazione in esso contenuta.

Il registro sarà accessibile dalla Banca d’Italia, che potrà utilizzare i dati e le informazioni in esso contenuti nell’ambito delle proprie funzioni di vigilanza, a tutela delle banche e dell’erogazione dei crediti ai clienti.

[1] D.l. n. 59/2016, art. 3. Pignoramenti, immobili svenduti in 6 mesi: regalo alle banche Così cambiano le aste giudiziarie: dopo il terzo esperimento, il giudice può disporre una riduzione del prezzo fino alla metà, mentre la banca può acquistare l’immobile attraverso una società del proprio gruppo.

In due norme, entrate in vigore questa mattina, è contenuto un nuovo regalo alle banche che potranno, grazie ad esso, recuperare le somme prestate ai clienti, in caso di mancato pagamento del mutuo, entro massimo sei mesi: un tempo record rispetto agli standard della giustizia italiana. Ma procediamo con ordine.

La riforma, pubblicata ieri sera in Gazzetta ufficiale [1], e meglio nota come “decreto banche” [1], oltre a prevedere nuovi super poteri per gli istituti di credito, riscrive le regole delle esecuzioni forzate. Tuttavia, pur nel dichiarato intento di rendere più veloci ipignoramenti immobiliari, il Governo è andato ad agevolare notevolmente il ceto dei creditori più forti, quelli che dispongono di capitali in grado di acquistare i beni oggetto di esecuzione forzata.

Il tutto si gioca attraverso la sinergia di due articoli che, messi in relazione tra loro, rivelano un impatto dirompente sui debitori: un impatto di gran lunga superiore alla tanto discussa e criticata clausola di inadempimento (anch’essa inserita nella riforma), che invece consente alla banca di concordare, con il debitore, al mancato pagamento di 18 rate, la cessione della casa alla banca stessa e la vendita senza bisogno del tribunale.

In prima battuta la riforma prevede la riduzione nel numero di aste giudiziarie sulla casa pignorata al debitore: se in precedenza queste potevano essere illimitate (non essendo previsto un limite massimo), oggi vengono ridotte a massimo tre [2]. Il giudice, però, qualora il bene non venga venduto per l’assenza di offerenti, può disporre un quarto esperimento d’asta, fissando un prezzo base inferiore al precedente,fino alla metà (di norma, invece, il limite è un quarto). Una soluzione che si presta, certamente, alla svendita dell’immobile pignorato. Tutta la procedura, peraltro – si legge nella nuova norma [2] – dovrà durare massimo sei mesi, quando in passato il pignoramento immobiliare poteva invece protrarsi per anni (alcune procedure arrivavano a sfiorare anche 15 anni, specie nei tribunali del Sud).

Viene poi inserito, nel codice di procedura civile, un nuovo articolo [3]che consente la partecipazione all’asta giudiziaria per conto di terzi: in buona sostanza, l’offerente, dopo essersi visto assegnare l’immobile, ha cinque giorni di tempo per indicare il nome di un terzo a favore del quale deve essere trasferito l’immobile (cosiddetta “assegnazione in favore di un terzo”). Viene così consentito alla banca di presentare offerte per conto di società partecipate o facenti parte del gruppo stesso. In questo modo, la banca, che prima finanzia la vendita dell’immobile, lo può acquistare all’asta a un valore dimezzato, attraverso una propria società immobiliare, delegata poi alla rivendita. Il tutto, come detto, in solo sei mesi.

Non solo: a ciò si aggiunge il regalo fiscale fatto, sempre dal Governo, in tema di imposta di registro. Infatti se la banca rivenderà, entro un anno, il bene che si è aggiudicato all’asta, non pagherà l’imposta di registro del 9% sul valore dell’immobile, ma solo un’imposta flat di 200 euro. Si pensi che, il risparmio su una casa del valore di 200 mila euro è di ben 18 mila euro, regalati dal fisco.

[1] D.l. n. 59/2016. [2] Art. 591 cod. proc. civ. [3] Art. 590-bis cod. proc. civ.

DECRETO-LEGGE 3 maggio 2016, n. 59

73 Kb