S’evidenzia che con l’art. 5 comma 8 della Legge 7 agosto 2012, n. 135 di conversione del d.l. 6 luglio 2012, n. 95 recante: "disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini” il legislatore è intervenuto anche su un tema delicato e cioè quello delle ferie, prevedendo in particolare che “le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, ( nonche’ delle autorita’ ) indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilita’, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di eta’. Eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto. La violazione della presente disposizione, oltre a comportare il recupero delle somme indebitamente erogate, e’ fonte di responsabilita’ disciplinare ed amministrativa per il dirigente responsabile.”
Appare evidente come la norma dell’assoluta impossibilità di monetizzare le ferie non godute, prevista dall’art. 5 comma 8 della Legge 7 agosto 2012, n. 135 di conversione del DL 6 luglio 2012, n. 95, si pone in contrasto sia con un consolidato orientamento della Corte di Giustizia europea (v. la sentenza 20 gennaio 2009 nei procedimenti riuniti C-350/06 e C-520/06), che con due recentissime sentenze della Corte di Cassazione della sez. Lavoro, la n.11462 del 9 luglio 2012, intervenuta nelle more tra il DL 6 luglio 2012, n. 95 e la legge di conversione, e la n.18211 del 24 ottobre 2012, che rafforza i contenuti della predetta sentenza del 9 luglio 2012
Si evidenzia nel particolare, quanto sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.11462 del 9.7.2012:
Ha affermato il diritto del lavoratore a percepire l’indennità sostitutiva per le ferie
non fruite a causa di malattia. In sede di appello invece la Corte di Perugia aveva
rigettato la domanda proposta dal lavoratore, diretta al riconoscimento della sua
indennità sostitutiva delle ferie maturate e non godute, al momento del suo
collocamento al riposo, a cause di lunghe assenze per malattia, sulla base del fatto che il
contratto collettivo della scuola prevedeva come unica ipotesi di pagamento
dell’indennità il fatto che il mancato godimento delle ferie fosse motivato da "esigenze di
servizio", mentre nel caso de quo riguardava l’insorgenza della malattia.
Secondo la Corte infatti ”le ferie non godute a causa di un periodo di malattia, e che non vengono fruite per cessazione del rapporto di lavoro, vanno sempre compensate con il pagamento dell’indennità sostitutiva, indipendentemente da ciò che prevede il contratto collettivo di appartenenza”;
Ha rammentato che il diritto alle ferie gode di una tutela rigorosa, di rilievo costituzionale, fondata sull’art. 36, terzo comma, Cost. che prevede letteralmente che "il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può inunziarvi";
Ha precisato che "l’indennità sostitutiva, oltre a poter avere carattere risarcitorio, in quanto idonea a compensare il danno costituito dalla perdita del bene (e cioè il riposo con recupero delle energie psicofisiche, la ricreative e simili) al cui soddisfacimento l’istituto delle ferie è destinato”, per un altro verso costituisce un’erogazione di natura retributiva (perché non solo è connessa al sinallagma caratterizzante il rapporto di lavoro, quale rapporto a prestazioni corrispettive) ma più specificamente “costituendo il corrispettivo dell’attività lavorativa resa in un periodo che, pur essendo di per sé retribuito, avrebbe invece dovuto essere non lavorato perché destinato al godimento delle ferie annuali”, restando indifferente l’eventuale responsabilità del datore di lavoro per il mancato godimento delle stesse.
Ha sancito "l’illegittimità”, per il loro contrasto con norme imperative, delle disposizioni di contratti collettivi che escludano il diritto del lavoratore all’equivalente economico di periodi di ferie non goduti al momento della risoluzione del rapporto, salva l’ipotesi del lavoratore che abbia disattesa la specifica offerta della fruizione del periodo di ferie da parte del datore di lavoro." La sentenza del giudice d’Appello di Perugia tra l’altro, poiché il lavoratore non ha potuto fruire delle ferie a causa di malattia, secondo la suprema Corte contrasta con l’orientamento giurisprudenziale della Corte di Giustizia che, con la sentenza 20 gennaio 2009 nei procedimenti riuniti C-350/06 e C-520/06, ha chiarito che "l’articolo 7 della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che sebbene la norma nazionale possa stabilire dei limiti temporali per il godimento delle ferie dalla loro maturazione, non è ammissibile la esclusione del diritto all’indennità finanziaria sostituiva quando i dipendenti fruiscono del congedo per malattia.
con la sentenza n.18211 del 24 ottobre 2012: • ha affermato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno già avuto in passato modo di statuire (Cass. sez. un. n. 1947 del 23/2/1998) che "con riguardo alla malattia del lavoratore subordinato insorta durante il periodo dì godimento delle ferie, il principio dell’effetto sospensivo di detto periodo, enunciato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 616 del 1987 e chiarito dalla stessa Corte con la sentenza n. 297 del 1990, non ha valore assoluto, ma tollera eccezioni, per l’individuazione delle quali occorre aver riguardo alla specificità degli stati morbosi denunciati e alla loro incompatibilità con l’essenziale funzione di riposo, recupero delle energie psicofisiche e ricreazione, propria delle ferie. • Ha precisato che l’avviso, comunicato dal lavoratore, del suo stato di malattia, sul presupposto della sua incompatibilità con le finalità delle ferie, determina - dalla data della conoscenza di esso da parte del datore di lavoro - la conversione dell’assenza per ferie in assenza per malattia, salvo che il datore medesimo non provi l’infondatezza di detto presupposto allegando la compatibilità della malattia con il godimento delle ferie; sicché in tal caso il giudice del merito deve valutare il sostanziale ed apprezzabile pregiudizio anche temporale che la malattia arrechi alle ferie ed al beneficio che ne deve derivare in riferimento alla natura e all’entità dello stato morboso." • Ha anche affermato (Cass. sez. lav. n. 15768 del 14/12/2000) in applicazione di tale principio che " il principio della sospensione delle ferie per malattia insorta durante il relativo periodo, stabilito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 616 del 1987, opera ogni qualvolta la fruizione delle ferie risulti pregiudicata in concreto dalla malattia (spettando al datore di lavoro, una volta che la malattia sia stata certificata, l’onere di provare l’inesistenza di tale pregiudizio); pertanto, deve ritenersi in contrasto con tale principio la regolamentazione collettiva (nella specie, art. 24 c.c.n.I. "industria vetro" 1990) che aggancia l’effetto sospensivo o meno della malattia alla sua durata, in quanto, pur non esistendo nel nostro ordinamento una definizione unitaria di malattia, sicuramente la durata superiore o inferiore ad un determinato numero di giorni non vale a costituire un corretto criterio per stabilire se la malattia denunciata sia o meno compatibile con il godimento delle ferie." • Ha altresì puntualizzato che questa Corte ha di recente evidenziato (Cass. sez. lav. n. 11462 del 9 luglio 2012) che " in relazione al carattere irrinunciabile del diritto alle ferie, garantito anche dall’art. 36 Cost. e dall’art. 7 della direttiva 2003/88/CE (v. la sentenza 20 gennaio 2009 nei procedimenti riuniti C-350/06 e C-520/06 della Corte di giustizia dell’Unione europea), ove in concreto le ferie non siano effettivamente fruite, anche senza responsabilità del datore di lavoro, spetta al lavoratore l’indennità sostitutiva che ha, per un verso, carattere risarcitorio, in quanto idonea a compensare il danno costituito dalla perdita di un bene (il riposo con recupero delle energie psicofisiche, la possibilità di meglio dedicarsi a relazioni familiari e sociali, l’opportunità di svolgere attività ricreative e simili) al cui soddisfacimento l’istituto delle ferie è destinato e, per altro verso, costituisce erogazione di indubbia natura retributiva, perché non solo è connessa al sinallagma caratterizzante il rapporto di lavoro, quale rapporto a prestazioni corrispettive, ma più specificamente rappresenta il corrispettivo dell’attività lavorativa resa in periodo che, pur essendo di per sé retribuito, avrebbe invece dovuto essere non lavorato perché destinato al godimento delle ferie annuali, restando indifferente l’eventuale responsabilità del datore di lavoro per il mancato godimento delle stesse. Ne consegue l’illegittimità, per contrasto con norme imperative, delle disposizioni dei contratti collettivi che escludano il diritto del lavoratore all’equivalente economico di periodi di ferie non goduti al momento della risoluzione del rapporto, salva l’ipotesi del lavoratore che abbia disattesa la specifica offerta della fruizione del periodo di ferie da parte del datore di lavoro. (Nella specie, relativa ad impossibilità del lavoratore di fruire delle ferie in ragione del suo stato di malattia cui è seguita la risoluzione del rapporto, la S.C., nell’affermare il principi su esteso, ha cassato la sentenza impugnata, che aveva escluso il diritto del lavoratore sulla base dell’art. 19, commi 8 e 15, del c.c.n.l. scuola per il quadriennio normativo 1994- 1997, che subordina il diritto all’indennità sostitutiva alla mancata fruizione per esigenze di servizio).